In questa bella e caratteristica casa, posta appena fuori dall’abitato di Barolo, lungo la strada che conduce a Monforte, la tradizione e la storia moderna del Barolo sono di casa. Questo sia per opera dell’attuale conduttore dell’azienda, Giuseppe Rinaldi, per tutti, più semplicemente, “Citrico”, veterinario “prestato” alla viticoltura e all’enologia, straordinario affabulatore e a detta di tutti una delle teste più originali, lucide e soprattutto libere, della Langa del Barolo, sia, soprattutto, per la figura e l’opera della persona che ha preceduto alla conduzione dell’azienda Beppe, il padre, Battista Rinaldi.
E’ stato difatti questo personaggio, la cui dirittura morale e la cui severità sono divenute leggendarie, a fare di questa azienda uno dei marchi di riferimento del Barolo classico, prendendone il timone nel 1947, a 29 anni, a seguito della morte del padre arrivato a Barolo da Diano d’Alba e acquirente, insieme ai Barale, della cascina ‘l Palas da un fattore della famiglia Falletti.
Diplomatosi, con lode, alla Scuola Enologica di Alba, Battista Rinaldi, che fu anche apprezzato Sindaco di Barolo dal 1970 al 1975, facendo in modo durante la sua amministrazione, che il Castello di Barolo diventasse proprietà comunale, e sede dapprima dell’Enoteca comunale, poi dell’Enoteca Regionale del Barolo, di cui fu primo presidente, ebbe la fortuna, e l’onere, perché condurre grandi vigneti non è mai semplice e presuppone un vero spirito di servizio nei confronti della Terra, di ereditare alcuni ettari in terroir di particolare pregio come le Brunate, Le Coste, Ravera e Cannubi San Lorenzo. Uve vinificate in maniera diversa: le Brunate in purezza, destinate ad una speciale riserva conservata per dieci anni in cantina in bottiglioni, prima di essere travasata nelle bottiglie da sette decimi, le altre tre a comporre, secondo la più genuina delle tradizioni storiche barolesche, un calibrato assemblaggio.
Entrato in azienda ad affiancare, con un notorio diverso sentire su molte cose, il padre, Beppe Rinaldi, conduce oggi (in attesa che tocchi anche alla figlia maggiore Marta, classe 1985, fare il suo ingresso in azienda, una volta terminata la Scuola enologica ad Alba e a discutere, a sua volta, con Beppe), con l’identica impronta tradizionale e classica, scevra da ogni modernismo, la cantina, cambiando le cose, rispetto al passato, solo nell’impostazione dei due Barolo. Dal 1993 non più un Barolo “base” annata e una riserva Brunate, ma due coppie di assemblaggi diversi delle uve provenienti sempre dai 4 ettari dei vigneti storici di proprietà: da una parte Brunate e Le Coste (10 mila bottiglie) e dall’altra, nel secondo, ma non meno importante, vino, Cannubi San Lorenzo e Ravera (da vigneti in Novello), prodotto in 3500 bottiglie.
Identiche e classiche le vinificazioni, con macerazioni lunghe sulle bucce, e l’affinamento, che ovviamente non è mai stato sfiorato dalla tentazione di essere effettuato in piccoli fusti, ma in grandi botti del rovere di Slavonia caro alla storia e all’identità del Barolo. Vini pensati non per essere consumati giovani, ma dotati di tutte le caratteristiche, quanto a struttura tannica, acidità e freschezza, oltre che eleganza aromatica, per sfidare il tempo.
La gamma dei vini è completata da un Langhe Nebbiolo (Nebbiolo 100% ovviamente), da Langhe Freisa, Dolcetto d'Alba, Barbera d'Alba, e da un vino da tavola denominato Rosae (prodotto con un’uva, forse originaria della Borgogna, terra che Beppe Rinaldi conosce e ama particolarmente, chiamata Rouché).
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